Il carcinoma della mammella è il tumore più frequente nel nostro genere,
1 milione di nuovi casi ogni anno nel mondo, di cui 42.000 in Italia, la mortalità negli
ultimi 10 anni ha iniziato a diminuire.
Questo risultato incoraggiante è da riferire alla DIAGNOSI PRECOCE della malattia ed
all'utilizzo di terapie sempre PIU' EFFICACI e MENO AGGRESSIVE di un tempo.
CONOSCIAMO DA VICINO QUESTO INDESIDERATO OSPITE
Come si manifesta il tumore al seno?
Nella maggioranza dei casi il tumore al seno si manifesta come nodulo singolo e il riscontro è frequentemente autopalpatorio.
Ci sono tuttavia altre modalità di presentazione che devono essere conosciute, in particolare:
• la retrazione di una zona della pelle, con aspetto che viene definito a “buccia d’arancia”,
• l’ispessimento di una parte circoscritta o in alcuni casi anche di tutta la pelle della mammella, accompagnato o meno
dall’arrossamento e variazione di volume rispetto alla mammella contro laterale,
• la comparsa di un’ulcerazione della pelle,
• la retrazione, l’ulcerazione o la deviazione del capezzolo,
• la secrezione di sangue dal capezzolo,
• la comparsa di un nodulo duro al cavo ascellare.
Non in tutti i casi si tratterà di un tumore al seno, ma nell’eventualità della comparsa di uno o più di questi segni
sarà fondamentale sottoporsi ad una visita senologica.
Il medico senologo indicherà in base ad una serie di fattori, quali ad esempio:
• l’età,
• il periodo del ciclo mestruale,
• le caratteristiche di densità del seno
• la presenza o meno in famiglia di soggetti affetti da tumore al seno,
quali sono gli esami più indicati nel singolo caso per arrivare alla diagnosi.
Quali sono i sintomi per riconoscerlo?
Generalmente il tumore al seno è asintomatico. Il nodulo mammario, anche se è costituito da un’area a maggiore densità,
fissa ai tessuti superfiali e profondi, non provoca dolore, specie nelle fasi iniziali.
Nella fase localmente avanzata, in caso di interessamento di alcune ghiandole che sono normalmente presenti nel cavo ascellare,
i linfonodi, può comparire dolore all’arto superiore. In caso di aumento di volume di tutta la ghiandola si può avere sensazione
di tensione e di peso.
Nella fase metastatica i sintomi variano a seconda della localizzazione. I siti di metastatizzazione più frequenti in caso di
tumore al seno sono: ossa, fegato, polmoni ed encefalo. In genere, in ognuno di questi organi i sintomi compaiono solo quando
la malattia è molto estesa o quando sono colpiti punti strategici. Ad esempio le metastasi epatiche, in caso di interessamento
della capsula che riveste l’organo, sono rare ma molto dolorose; le metastasi encefaliche possono dare luogo a vertigini, cefalea,
alterazioni della visione, difficoltà alla deambulazione, deficit di forza o altre manifestazioni neurologiche.
Come prevenirlo?
La prevenzione è la cosa più importante, perché il tumore al seno, se identificato in stadio iniziale, è guaribile in più
del 90% dei casi.
La prevenzione può essere distinta in primaria e secondaria.
La prevenzione primaria consiste nell’allontanamento dei fattori di rischio.
I fattori di rischio per il tumore al seno sono fondamentalmente legati alla storia ormonale della donna e sono identificabili
in:
• nulliparità (assenza di gravidanze)
• menarca precoce e menopausa tardiva
• obesità (specialmente dopo la menopausa, in relazione all’aumentata produzione di estrogeni da parte del tessuto adiposo)
• terapia ormonale sostitutiva (in relazione al periodo di assunzione)
ed inoltre:
• stile di vita (sedentarietà, alcool e fumo di sigaretta)
• esposizione a radiazioni ionizzanti (es. radioterapia per Linfoma di Hodgkin)
• mutazioni a carico dei geni BRCA1 e BRCA2
Quello che si può fare è quindi condurre una vita sana, attiva, attraverso:
• un’alimentazione ricca di frutta e verdura e povera di grassi,
• l’esercizio fisico per almeno 30 minuti al giorno
• l’allattamento dei figli (poiché l’allattamento favorisce la maturazione della ghiandola mammaria rendendola meno
vulnerabile ai cancerogeni)
• l’eventuale test genetico per ricerca delle mutazioni a carico di BRCA1 e BRCA2 in caso di elevata familiarità
(dietro indicazione di uno specialista).
La prevenzione secondaria consiste invece nella diagnosi precoce, e cioè nell’identificazione del tumore quando questo
non ha ancora dato segno di sé.
L’esame cardine per la salute del seno è la mammografia. Si tratta di radiografie specifiche per il seno; l’esame viene effettuato
in piedi, appoggiando una mammella alla volta su un apposito ripiano ad altezza regolabile.
L’apparecchio effettua una leggera pressione sulla ghiandola in modo da fornire una migliore qualità delle immagini.
Lo screening mammografico, che prevede l’esecuzione di una mammografia ogni 2 anni dai 50 ai 69 anni, ha permesso una riduzione
della mortalità per tumore al seno pari al 20-40%.
Il tumore si può presentare all’esame mammografico come un nodulo di forma irregolare e contorni frastagliati e/o come un
raggruppamento di microcalcificazioni.
Altro esame molto importante per il seno è l’ecografia, che consiste nello studio della mammella attraverso gli ultrasuoni.
L’esame ecografico può essere più sensibile della mammografia nelle donne giovani con mammelle dense e può in molti casi essere
utile ad integrazione della mammografia.
In casi selezionati può esserci indicazione ad eseguire una Risonanza Mammaria con mezzo di contrasto paramagnetico.
E’ buona abitudine sottoporsi una volta l’anno a visita senologica da parte del proprio medico di base o da un medico senologo,
che potrà indicare quale esame è più indicato in base all’età, alle caratteristiche della ghiandola mammaria e alla familiarità.
Come curarlo?
Il percorso di cura della donna colpita da tumore al seno dovrebbe avvenire all’interno di un Centro con esperienza nella
gestione di questa patologia, ad opera di un Gruppo Multidisciplinare che comprenda tutti gli specialisti coinvolti nelle varie
fasi del trattamento.
La cura spesso prevede l’intervento chirurgico, la terapia medica post-operatoria e la radioterapia.
L’intervento chirurgico è sempre più raramente demolitivo (mastectomia) e sempre più frequentemente conservativo (quadrantectomia).
Nei casi candidabili viene utilizzata la tecnica del linfonodo sentinella al posto della dissezione del cavo ascellare ab initio.
La quadrantectomia consiste nell’asportazione di un ampio quadrante di tessuto mammario comprendente il tumore e deve essere quasi
sempre integrata dalla radioterapia.
La mastectomia consiste nell’asportazione dell’intera ghiandola mammaria e può essere “semplice” (viene asportata solo la
ghiandola), “radicale” (asportazione della ghiandola, dei linfonodi del cavo ascellare e dei muscoli pettorali), o “radicale
modificata” (vengono risparmiati i muscoli pettorali).
Una tecnica chirurgica innovativa in uso presso la nostra Struttura, applicabile in casi selezionati in base alle caratteristiche
del tumore, è costituita dalla “mastectomia mini-invasiva”, che prevede l’asportazione della ghiandola mammaria attraverso una
ferita chirurgica di piccolissime dimensioni, effettuata in prossimità del cavo ascellare e perciò quasi “invisibile”, con un
ottimo risultato anche sul piano estetico.
La radioterapia consiste nell’impiego di radiazioni ad alta energia con l’intento di distruggere le cellule tumorali che
potrebbero essere presenti nel tessuto mammario residuo dopo un intervento conservativo o nelle aree circostanti (parete
toracica, regioni sovraclaveari) in casi particolari dopo un intervento demolitivo.
Il trattamento convenzionale (a fasci esterni) prevede l’esecuzione di una seduta al giorno (della durata di pochi minuti), per 5
giorni alla settimana, fino a 6 settimane.
Accanto alla terapia convenzionale, in casi selezionati, è possibile effettuare la Brachiterapia, che consiste nell’introduzione
della sorgente radioattiva in forma sigillata direttamente nel tessuto neoplastico o nelle sue immediate vicinanze, e la
Radioterapia Intraoperatoria, tecnica ancora sperimentale, in cui una singola, alta dose di radiazioni è somministrata nel corso
dell'intervento chirurgico.
La terapia medica è un trattamento sistemico, che riguarda cioè tutto l’organismo e, quando effettuata dopo l’intervento
chirurgico, si definisce “adiuvante” e ha lo scopo di prevenire una recidiva di malattia. Comprende: chemioterapia, ormonoterapia,
terapia biologica.
L’oncologo medico, in base alle caratteristiche biologiche del tumore, dell’estensione, dell’età e di eventuali patologie
associate, sceglie, insieme alla paziente, qual è il trattamento più adeguato nel singolo caso. La chemioterapia prevede
l’impiego di sostanze, principalmente per via endovenosa, in grado di colpire le cellule maligne residue in tutto il corpo
e che sono caratterizzate da una rapida proliferazione, bloccandole e favorendone la morte. Nel nostro organismo vi sono
però anche cellule normali che si replicano velocemente e da qui derivano gli effetti collaterali (perdita dei capelli,
diminuzione di globuli bianchi, globuli rossi, piastrine, danno alle mucose, ad altri ancora).
Per comprendere il meccanismo d’azione della terapia ormonale invece bisogna partire dal presupposto che, nella maggior parte dei
tumori della mammella, gli ormoni sessuali femminili normalmente presenti (gli estrogeni), stimolano le cellule tumorali a
proliferare. Questo si verifica perché le cellule tumorali presentano dei sensori per gli estrogeni (i recettori), che una volta
attivati scatenano una serie di eventi intracellulari che portano alla proliferazione. La terapia ormonale pertanto prevede
l’impiego di farmaci che impediscono la produzione degli estrogeni e/o il loro legame ai recettori. Poiché la quantità e il
meccanismo di produzione degli estrogeni varia a seconda dello stato menopausale, anche la terapia ormonale sarà differente
e comprenderà l’impiego di un antiestrogeno (una compressa al giorno per 5 anni) in associazione ad un farmaco ad azione centrale
(analogo dell’LHRH, una iniezione ogni 28 gg per almeno 2-3 anni) in premenopausa e di un solo farmaco ormonale (una compressa al
giorno per almeno 5 anni) in post-menopausa.
Gli effetti collaterali sono in genere lievi e si manifestano sotto forma di vampate di calore, mal di testa, disturbi del sonno,
secchezza vaginale, artralgie.
La terapia biologica comprende farmaci di ultima generazione in grado di colpire le cellule tumorali in maniera più selettiva,
tali farmaci sono caratterizzati da grande efficacia a fronte di una tossicità decisamente inferiore rispetto alla chemioterapia
tradizionale. Moltissimi farmaci sono attualmente in fase di sperimentazione, ma almeno tre di questi farmaci biologici hanno già
un impiego routinario nel tumore al seno, si tratta del bevacizumab, trastuzumab e lapatinib.
Il bevacizumab è un anticorpo monoclonare diretto contro un fattore chiave dell’angiogenesi tumorale, il Vascular Endothelial
Growth Factor (VEGF), il trastuzumab è invece un’anticorpo monoclonare diretto contro un recettore (HER-2) la cui espressione è
aumentata sulla superficie della membrana cellulare nel 25% circa dei casi di tumore della mammella. Utilizzato in adiuvante il
trastuzumab è uno dei farmaci che hanno permesso di migliorare la sopravvivenza delle donne colpite da tumore al seno. Infine,
il lapatinib è una “piccola molecola” somministrabile per via orale, diretta verso HER-2 ed HER-1 (altro recettore della stessa
famiglia), per ora approvata solo nella terapia della malattia metastatica, che ha permesso di ottenere ottimi risultati anche
dopo l’eventuale progressione a trastuzumab.
Lo sviluppo di nuovi farmaci è in costante incremento, di fondamentale importanza per sostenerlo è la promozione della ricerca
attraverso il sostegno agli Studi Clinici.
• La diagnosi di tumore al seno è solitamente mammografica o ecografica.
• La mammografia permette di identificare il tumore quando è ancora così piccolo da non dare segno di sé visivamente o alla
palpazione, ed è passibile, nella maggior parte dei casi, di intervento chirurgico conservativo, con la più alta probabilità di
guarigione.
• E’ fondamentale programmare il tipo e la frequenza degli esami da effettuare in base all’età, alle caratteristiche delle
mammelle.
Noduli (o masse): Le dimensioni, la forma e i margini di un nodulo possono suggerire al medico se si tratti o meno di cancro. Nella mammografia una massa benigna spesso appare liscia e rotondeggiante, con margini chiari e definiti, mentre il cancro della mammella spesso ha un contorno frastagliato e forma irregolare.
Calcificazioni: Una calcificazione è un deposito di calcio nel tessuto mammario. Le calcificazioni appaiono come piccoli puntini
bianchi alla mammografia, ne esistono due tipi:
? Le macrocalcificazioni sono depositi di calcio spesso causati dall’invecchiamento e di norma non sono segni di cancro.
Le microcalcificaioni sono piccoli ammassi di calcio che possono essere trovati in aree di rapida divisione cellulare.
Se si presentano sottoforma di particolari raggruppamenti, possono essere segno della presenza di cancro.